Sono cadute in prescrizione le accuse nei confronti dei due poliziotti che hanno depistato le indagini sul caso dell’omicidio di Borsellino.
Secondo quanto stabilito dal tribunale di Caltanissetta, le accuse nei confronti di Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di aver sabotato le indagini sulla strage che ha visto coinvolto Borsellino, sono decadute. Nessun imputato, e decade anche l’aggravante mafioso.
La strage di via D’Amelio provocò la morte del giudice Paolo Borsellino e dei suoi agenti della scorta. Tre poliziotti erano imputati di calunnia aggravata e di favoreggiamento della mafia. Ma con la decaduta dell’aggravante mafiosa, è stata determinata anche la prescrizione del reato di calunnia.
Il caso basato su una messinscena
Stando a quanto emerso dai processi, i tre imputati appartenevano al pool a cui è stato affidato il compito di indagare sulle stragi del ‘92. Arnaldo La Barbera, ad oggi deceduto, avrebbero creato i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta.
I tre sarebbero stati costretti a proclamarsi colpevoli della strage compiuta in via D’Amelio. Da questo fatto è nata l’accusa di calunnia. L’intero caso si sarebbe basato su una messinscena. Secondo i pm, i veri colpevoli furono i fratelli Graviano.
L’aggravante caduta in prescrizione
Proprio per questo motivo, la Procura ha imputato l’aggravante di aver favorito Cosa nostra nei confronti dei tre poliziotti, accusandoli quindi di aver depistato le indagini. L’aggravante in questione, però, non avrebbe retto al vaglio del tribunale. Di conseguenza il resto è caduto in prescrizione. Per quanto riguarda invece il terzo poliziotto, è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”.
Durante il processo, i figli del giudice Borsellino, Fiammetta, Lucia e Manfredi si sono costituiti parte civile. Sono passati ormai 30 anni dall’accaduto, ma continuano a chiedere di far luce sulla verità in merito alla morte di loro padre.